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Partire | Tortura | Partitura (feat. Sara Ventroni)

from Minima Oralia I. by Gabriele Stera

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partire | tortura | partitura di Sara Ventroni si presenta già come una spaziatura musicale.
I versi sono costellati da spezzabattute ( | ) e stanghette doppie ( ║ ), e persino sul finale c’è la pista d’atterraggio del pentagramma. C’è una suddivisione ritmica in unità semichiuse, e altre propriamente circoscritte in battute complete, come a parte concluse in frasi. Anche la parentesi allora prende un peso diverso, perché si proietta in una semiosi che già comincia in uno spazio ibrido che vuole una lettura specificamente ritmico-visiva. Ma ogni parola in realtà si presenta, in questo spazio incardinato dai segni propri alla lettura musicale, come un’ipotesi melodica, che richiede (l’impossibile?) decifrazione totale di un suono nel tempo.
Pensavo a Carla, o Laura per un primo tentativo, ma entrambe si ostinavano a leggere ( | e ║ ) come «barra verticale» e «doppia barra verticale». Cioè leggevano anziché praticare, mettere in atto quei segni. Cosa che peraltro sospetto avvenga anche con le frasi più complesse, dove non riescono a dedurre un’intonazione che umanamente faccia senso. Ma è anche proprio lì, in quei momenti dove la poesia presenta degli ostacoli al senso, al pronunciabile noto, alla domanda che non si dichiara, che queste voci danno una risposta insospettabile, una frase che d’un tratto s’inventa per necessità in una capriola melodico-ritmica claudicante. Poi Bianca ce l’ha fatta, dando il giusto peso in pausa alle stanghette.
Da lì ho deciso di partire prendendo le battute come unità ritmica, e andando a dedurre una successione armonica nei versi stessi. Stirando i versi, tirandoli al di là del comprensibile, ecco che appare un canto, che altro non è che il suono della legatura tra le vocali. Poi ho dato un po’ di profondità armonica con un sintetizzatore, che a fasi discendenti, si mischia a un saltellìo di frequenze che fa da scorta agli stacchi. Pensavo alle curve a discesa slavate di Jocelyn Pook, immerse in un riverbero liturgico inquieto. In questo senso ho pensato, leggendo di nuovo, che quasi si percepiscono i legati, le arcate, come fossero disegnate a comporre un’agogica in filigrana che scioglie il testo in lingua, ma questo è probabilmente lo strabismo dell’interpretazione.

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from Minima Oralia I., released June 9, 2021

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Gabriele Stera Paris, France

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